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La trama di un introverso: chi è e cosa vuole

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Immagine di AJU_photography

Introverso, timido, disadattato, asociale, misantropo… tante sono le etichette, più o meno estreme, che ci si sente appiccicare addosso quando il proprio livello di socievolezza non staziona costantemente sul 100%.
Ci sono le etichette, di solito farcite di buoni consigli su come ci si dovrebbe comportare in società, ci sono gli sguardi pietosi da “poveretto, dev’essere proprio una brutta malattia!”, ci sono le minacce “se continui così non combinerai mai niente nella vita!” e ancora, soprattutto quando si è giovani, “Esci, divertiti, che fai tutto il giorno in casa? Dopo, tante cose non le potrai più fare…”

Ok, credo che il messaggio sia chiaro. L’introversione sembra ancora oggi, ahinoi, una brutta bestia, una sorta di tara genetica, un virus che distrugge socievolezza, allegria, possibilità di essere felici e avere successo. È comunissimo, ad esempio, sentire genitori o insegnanti che si scusano per la timidezza dei bambini. Timidezza… un’altra parola che suona un po’ come una bestemmia nella mente di alcune persone. E nel loro cuore? E nel vostro? Come suonano queste parole? Le usiamo comunemente anche noi, di solito per etichettare, impacchettare, limitare un modo d’essere che spesso si ignora e si evita di conoscere. E dico “noi” riferendomi non a qualcuno di generico, che vive là fuori nel mondo, ma a noi protagonisti di questa tragi-commedia, noi enigmatici introversi.
Chi siamo e cosa vogliamo?

Immagine di Luis Beltrán

Carl Jung, famoso psicoterapeuta, è stato il primo a usare il termine “introverso” nell’accezione conosciuta oggi, il primo a descrivere la differenza tra modalità estroversa e introversa per quello che effettivamente è: un diverso uso dell’energia nell’approcciarsi alla vita.
Nel suo libro I tipi psicologici Jung spiega:

Quando esaminiamo il corso di una vita umana, notiamo che il destino di alcuni è determinato per lo più dagli oggetti dei loro interessi, mentre quello di altri è determinato in più larga misura dal loro essere interiore, dalla loro soggettività. Giacché noi tutti propendiamo più o meno verso l’una o l’altra caratteristica, abbiamo una tendenza naturale a vedere tutto secondo il nostro tipo.

I primi di cui parla Jung fanno parte del cosiddetto tipo estroverso, i secondi del tipo introverso.
Quindi, per andare dritti al punto: non esiste un tipo giusto e uno sbagliato, uno figo e uno sfigato. Esistono due modalità d’essere entrambe perfettamente funzionanti, anche se in modo diverso. Non pretendiamo certo che un aspirapolvere funzioni usando lo stesso meccanismo di un orologio, giusto? E consideriamo pazzo chiunque aspiri al contrario, eppure… eppure ci ostiniamo a farlo, ancora oggi, con noi essere umani: quando facciamo paragoni e riteniamo che un tipo sia migliore di un altro, pretendiamo un’uguaglianza barbara e umiliante di tutti con tutti.

Accettiamo di vivere in una società di dominanti e dominati, superiori e inferiori, giusti e sbagliati. E non perché chi sembra dominare sia effettivamente superiore e “giusto”, ma perché così siamo stati abituati a pensare e a vivere. Noi introversi siamo i nostri peggiori aguzzini quando consegniamo il nostro diritto d’essere così come siamo nelle mani di chi, essendo diverso da noi, non ha le possibilità di comprenderci e sostenerci.

Loro sono meglio di noi, loro sono estroversi. Loro sono i vincenti, quelli che conquistano le ragazze/i ragazzi migliori, quelli che si fanno strada nella vita, quelli che non devono chiedere “permesso” perché tutti si spostano per lasciarli passare…

E noi… noi sfigati, noi perdenti, noi affetti da questa malattia invisibile che ti blocca, ti limita, ti isola…

Noi, quelli a cui hanno fatto il lavaggio del cervello. Quelli che si sono sentiti dire e ridire che erano sbagliati, che dovevano cambiare, che così com’erano non sarebbero mai andati da nessuna parte.

Noi, quelli che guardano il mondo con occhi diversi, quelli che sognano senza dormire, quelli che sanno ciò che accadrà prima che accada, quelli che “se solo qualcuno mi avesse detto che ero ok chissà cosa avrei fatto nella vita…”

Vi riconoscete? Che cosa non vi piace di voi stessi? Che cosa vorreste cambiare?

Perché lo vorreste cambiare?

Immagine di Luis Beltrán

Era la fine del 2007 quando, per la prima volta, scrivevo sull’introversione, un articolo-sfogo ispirato da Jonathan Rauch e dal suo Caring for your introvert e, per la prima volta, trovavo il coraggio di abbracciare la mia natura e combattere per essa.
Perché essere introversi è bello, oh sì cavolo, è dannatamente bello. E se pensate il contrario, non preoccupatevi, potete sempre ricredervi!

Chi sono gli introversi?

Bé, innanzitutto, non sono né vampiri né licantropi (anche se vanno tanto di moda), non sono né asociali né misantropi. Non sono per forza timidi né solitari, sono persone capaci di gesti di generosità ineguagliabili e sanno amare, amano tantissimo. Peccato che spesso non amino loro stessi e questo è il loro più grande ostacolo alla felicità, il loro punto debole, la falla che potrebbe condurli a una vita fallita. Perché se non credi di essere una persona di valore (e questo coinvolge tutti, introversi ed estroversi), come saprai riconoscere il valore nelle tue esperienze di vita e come potrai valorizzarle?

Gli introversi sono persone forti e coraggiose, dotate di una forza buona e sapiente quando non la lasciano inaridire dai pregiudizi che nutrono nei loro stessi confronti. Sono al contempo idealisti e grandi costruttori. Costruiscono fuori e dentro di loro, soprattutto dentro di loro. Hanno la capacità di andare a fondo, molto a fondo, nuotano negli abissi e sanno come tornare in superficie, non ci si perdono, non annegano. Credono sia cosa da poco, cosa da tutti. Non sanno che possiedono un tipo di coraggio assai raro.

Gli introversi sono socievoli, ma a modo loro. Con i loro tempi e le loro esigenze. Sanno ascoltare gli altri, parlano poco perché lasciano parlare. Non temono il silenzio, hanno fatto pace con la solitudine e sanno apprezzare la possibilità che offre di tornare dolcemente a se stessi, di ricaricare le batterie.

Sono giusti, sono leali, ma possono anche essere spietati.
Sono sensibili, creativi e hanno un grande bisogno di essere accolti, accettati, amati per ciò che sono. Un bisogno che spesso, sin da bambini, li getta nell’acqua gelida del dramma di essere rifiutati, abbandonati, non amati. Ecco le acque nelle quali i bambini introversi hanno il terrore di annegare. La finzione diventa quindi un salvagente, la mano che ti afferra e ti riporta a riva solo se “sarai come ti dico io, così come io ti voglio”. Il bambino introverso vive molto presto il dilemma del “posso permettermi di essere me stesso e di essere amato… o no?” E questo dilemma, crescendo, assumerà diverse sfumature difensive: ribellione, sottomissione, timidezza, distacco emotivo…

Immagine di Luis Beltrán

Cosa vogliono gli introversi?

Semplice, gli introversi vogliono quello che, alla resa del conti, vogliamo tutti: trovare la propria strada per la felicità. Pensare che ci sia una strada valida per tutti è uno dei motivi per cui pochi riescono a sentirsi in pace, felici. Pensare che “sarei felice se solo fossi… estroverso, bello, ricco, intelligente…” è una vera e propria maledizione. È una credenza che non conduce da nessuna parte, ti fa semplicemente girare in tondo.

La predilezione per la tipologia estroversa è una moda, neppure universale. Il tipo estroverso e quello introverso non si escludono a vicenda: tutti siamo un mix di estroversione e introversione dentro di noi, varia solo la percentuale. Non ci si può obbligare a comportamenti che vanno contro la nostra natura, ma si può riscoprire il proprio modo di vivere una modalità meno conosciuta. Per gli introversi potrebbe essere la socievolezza, ad esempio, per gli estroversi l’ascolto sia di se stessi che degli altri. Ma per ogni cosa, per ogni scoperta, c’è un tempo da rispettare e costringersi a un ritmo diverso dal proprio può avere serie ripercussioni.

Così, lasciamo che ogni introverso rispetti i propri tempi per viaggiare nel mondo. E sia lasciato ad ogni estroverso il tempo per imparare a viaggiare nel proprio mondo interiore.

Introversi ed estroversi, sembra essere da sempre una lotta fratricida. In realtà, si può fare molto di più. Si può essere molto di più. Ci si può avvicinare alla verità nascosta in ognuno di noi e permetterle di rivelarsi senza la paura di essere rifiutata, fatta a pezzi, demonizzata.

Introversi ed estroversi, siamo chi siamo, aspiriamo a una vita bella, felice, appagante. Ognuno a modo suo, né meglio né peggio. Chi avrà il coraggio di buttare giù il muro che ci divide sia dentro che fuori?

Genitori fatelo con i vostri bambini.
Insegnanti fatelo con i vostri alunni.
Estroversi fatelo con gli introversi.
Introversi… fatelo con voi stessi.

Buttate giù quel muro di ignoranza e pregiudizio e ognuno saprà trovare la propria strada nella vita. E, a modo suo, sarà felice.

Immagine di Luis Beltrán

Consigli di lettura

Titolo: Quiet – il potere degli introversi
Autore: Susan Cain
Editore: Bompiani
Pagine: 424

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Titolo: Timido, docile, ardente…
Autore: Luigi Anepeta
Editore: Franco Angeli
Pagine: 160

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Tag: , Last modified: 9 Gennaio 2024