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Tutto il blu del cielo di Mèlissa Da Costa

Recensione scritta da Silvana Pincione

Per uno scrittore esordiente, un banco di prova fondamentale è rappresentato dalla capacità di essere all’altezza delle aspettative dei lettori, dopo aver venduto milioni di copie con la sua opera prima. Ho conosciuto Mèlissa Da Costa mesi fa con “I quaderni botanici di Madame Lucie” (potete leggere la mia recensione qui) e non avevo termini di paragone nonostante fosse il suo secondo romanzo. Ma è stato proprio il fatto di aver apprezzato al tempo la freschezza del suo stile, a portarmi a vincere la ritrosia di misurarmi con le oltre 600 pagine del suo romanzo d’esordio.

Mi sono detta che se “I quaderni botanici di Madame Lucie” sono un romanzo di introspezione femminile così appassionato e struggente, il libro che l’aveva preceduto, consacrando al successo questa giovane autrice, doveva veicolare necessariamente un messaggio altrettanto pregnante, con in più la responsabilità di un rischio non da poco: quello di poter stancare il lettore vista la mole delle sue pagine. 

La scoperta della malattia e la decisione di Émile

L’inizio di un libro è come l’accensione del motore di un veicolo: se lo scrittore ha l’abilità di far partire la macchina narrativa entro le prime righe, si può scommettere che il percorso alla scoperta della trama sarà agevole e in discesa libera, tanto da portare il lettore a percorrere chilometri senza neanche rendersene conto. La mia esperienza di lettrice di “Tutto il blu del cielo” si può riassumere in questa metafora.

L’autrice entra immediatamente nel vivo della questione in cui si dibatte il protagonista, il ventiseienne Émile.  I medici gli hanno diagnosticato una rara forma di Alzheimer precoce, “una malattia neurodegenerativa che causa la perdita progressiva e irreversibile della memoria”, aggredendo il tronco encefalico, responsabile delle funzioni vitali dell’organismo, fino a distruggerlo. Il giovane apprende la notizia di avere un’aspettativa di vita non superiore ai due anni in “uno stato di lucidità totale”, che lo induce a prendere una decisione che va in direzione contraria alla fatalità dell’evento:

L’idea del viaggio gli era venuta quando gli hanno dato il responso. Si è disperato un paio d’ore, poi l’idea del viaggio si è fatta strada nella sua  testa. Non ne ha parlato con  nessuno. Sa che glielo impedirebbero […]

 Poche cose inducono ad uno stato di disperata speranza – per dirla con un ossimoro – come la scoperta di una malattia che porta a morte certa  nel giro di poco tempo. I genitori e Marjorie, la sorella di Émile, reagiscono come ci si aspetterebbe dai familiari di un ragazzo di 26 anni su cui pesa una condanna a morte. Ovvero, tentare il tutto e per tutto, affidando Émile alle cure mediche di un Centro Sperimentale.

Ma Émile non ci sta a passare gli ultimi due anni della sua vita, come cavia da laboratorio tra le mura asettiche di una clinica e questa consapevolezza gli dà lo stimolo risolutivo nel mettere in pratica il suo piano:  quello di pubblicare un annuncio  per cercare un  compagno/a con cui condividere un itinerario da definire insieme.

Nessuno è a conoscenza di questa sua iniziativa, neppure l’amico del cuore Renaud, perché è certo che i suoi cari disapproverebbero e farebbero di tutto per dissuaderlo. D’altra parte, lui sta attraversando una fase di profonda insoddisfazione: il lavoro che svolge non lo appassiona e la storia con la sua ragazza, Laura, è finita perché non si sentiva ancora pronto a diventare padre. Sente di non avere nulla da perdere.

Émile ha messo in conto l’eventualità di non ricevere alcuna risposta, vista la natura inusuale del suo annuncio. Ma a sorpresa, ecco arrivare un messaggio. Conciso, essenziale. E’quello di una ragazza di 29 anni che si dice disposta a partire il prima possibile con lui. E’ così che facciamo conoscenza con Joanne, l’altra protagonista della storia.

Un romanzo on the road, per un emozionante viaggio alla scoperta del mondo e di se stessi

È seduta a gambe incrociate e ha un cappello a tesa larga. Appoggiato accanto a lei c’è un grosso zaino rosso. La ragazza lo studia esitando, con la mano sulla fronte per proteggersi dal sole. […] Indossa un vestito nero  lungo, che le arriva alle caviglie e ne maschera le forme. […] Dev’essere bella quando vuole […] Ma in quel momento sembra solo piccola. Piccola e un po’ scialba. Un po’ trascurata. 

Con queste parole, l’autrice ci consegna l’istantanea di Joanne, così come si presenta il giorno della partenza agli occhi di un Émile un po’ “imbranato”, in imbarazzo, “peggio di un primo appuntamento”. In questa prima fase, Émile e Joanne sono due persone unite solo dall’obiettivo comune del viaggio, oltretutto diversissime tra loro: tanto Émile è loquace, solare e socievole, quanto Joanne è taciturna, introversa, schiva.

Eppure entrambi amano la natura, l’avventura, gli spazi sconfinati, la purezza solitaria delle montagne. Entrambi si stanno lasciando alle spalle il loro passato, anche se ignoriamo le ragioni alla base delle motivazioni di Joanne. Entrambi hanno deciso, partendo, di mettersi in gioco, spogliandosi di ogni convenzione e pregiudizio, accettando come condizione imprescindibile quella di affidarsi all’altro.

Ecco, perché, alla fine, il loro incontro sarà l’anticamera di un legame che andrà consolidandosi nel corso della narrazione e in nome del quale, il viaggio fisico alla scoperta delle località più suggestive dei Pirenei, altro non sarà che espressione autentica di un altro tipo di percorso, quello alla scoperta di sè stessi.

“L’unico vero viaggio non consiste nell’andare verso nuovi paesaggi, ma nell’avere occhi nuovi”.

Émile aggrotta le sopracciglia, si sente un po’ idiota.

Joanne alza il cappello, che le cade sulla fronte.

È Proust.

Si sente un cretino. Joanne deve leggere molto più di lui. […]

“Vuol dire che?” […]

Vuol dire che il viaggio interiore che stiamo facendo io e te, è prima di tutto, un viaggio interiore….un’introspezione.”

Émile e la meditazione consapevole: racconto di una catarsi

Nel corso del loro avventuroso itinerario, tappa dopo tappa, i due giovani impareranno a conoscersi, prendendo le misure l’uno con l’altra. La ripartizione degli spazi materiali, all’interno di una routine che all’inizio ruota intorno alle necessità fisiologiche – i pasti, gli approvvigionamenti, il riposo notturno – lascerà progressivamente posto alla condivisione profonda di abitudini ed emozioni. I dialoghi, all’inizio limitati all’essenziale, assumeranno nel  corso della narrazione i contorni di un’intimità sempre più autentica.

Joanne vedrà cadere la sua ritrosia davanti ai modi affabili di Émile, tanto da riservargli un varco di accesso al suo ricco e complesso mondo interiore. Dal canto suo, lo stesso Émile dovrà ricredersi, e molto, sul conto di Joanne: dietro la sua scorza di apparente imperturbabilità si nasconde la personalità di una giovane donna riflessiva e saggia. 

C’è un’altra frase che amo molto. 

Émile annuisce per incoraggiarla a continuare.

“Il più grande viaggiatore è colui che ha saputo fare almeno una volta il giro di se stesso. È di Confucio. “ 

 “Credo che iniziarti alla meditazione consapevole potrebbe aiutarti…

[…] Credo che ti semplificherebbe la vita[…]ti aiuterebbe ad ancorarti al presente. […] Il tuo passato sta svanendo. Non puoi farci niente. Su quello non hai alcuna presa. […] E il tuo futuro…”

“Non ho un futuro”.

Fa una breve pausa […] Émile crede di aver capito dove vuole arrivare. “Quindi mi resta solo il presente”. […]

“Sì. Mio padre aveva trascritto una citazione nella parete del soggiorno. Diceva: “Il momento presente ha un vantaggio su tutti gli altri: ci appartiene.”

Joanne, che ha già conosciuto il dolore, ha imparato che l’unica chiave per sopravvivere agli eventi avversi della vita è vivere il presente. Questa consapevolezza diventa ancora più autentica alla luce di una malattia come quella di Émile, destinata a deteriorare la lucidità e la memoria del ragazzo in maniera crudelmente irreversibile.

Educando Émile alla pratica della meditazione – sullo sfondo degli incantevoli scenari naturalistici in cui di volta in volta si sposta l’ambientazione della storia – Joanne farà dono al giovane dell’opportunità di assaporare la vita,  in tutta la sua bellezza e semplicità. Quello che si compirà sarà un vero e proprio processo di purificazione dell’anima, una catarsi che eleverà Émile a uno stato superiore, dall’alto del quale guarderà alla sua vita da una prospettiva nuova:

Presto morirò e non mi sono sentito così in pace con me stesso. Ho un nuovo sguardo su di me, sul ragazzo un po’ stupido che ero, ma è uno sguardo indulgente. Mi sento cresciuto grazie a questi mesi. Mi sento migliorato.

Stile fluido, linguaggio pulito: così il libro arriva al cuore dei lettori

I piani temporali si intersecano nel corso della narrazione, arricchendo di dettagli il vissuto di Émile e Joanne, anche se solo nell’ultima parte del libro il lettore verrà chiamato a chiarire i contorni della biografia della ragazza, fino all’ultimo, sorprendente, coup de théâtre finale.

Questi flash back, distribuiti entro le pieghe del tessuto narrativo, sono come tasselli che vanno a comporre un mosaico, interrompendo la catena consequenziale degli eventi, in modo da dare respiro alla narrazione stessa, che altrimenti, vista la lunghezza del libro, rischierebbe di esserne appesantita. La stessa scelta stilistica della paratassi è funzionale a un ritmo immediato, che conferisce incisività e chiarezza alla descrizione: il risultato è che il discorso narrativo fluisce con scioltezza, senza venire penalizzato in termini di prolissità.

Abbracciare l’altro nelle sue fragilità: la funzione salvifica dell’amore 

“Tutto il blu del cielo” non è solo la storia di una malattia e di una vita umana che si ritrova a fare i conti con una scomparsa prematura. Ma è la storia di un amore, raccontato con sensibilità profonda dall’autrice nella sua natura bidirezionale: l’amore che porterà Émile a perdonare se stesso per i propri limiti e l’amore in senso lato, colto nella sua funzione salvifica; l’amore inteso come abbracciare l’altro nelle sue fragilità, allo scopo di condividere il carico delle sue fatiche e curare le sue ferite.

Un romanzo potente, struggente, emotivamente impegnativo, capace di prolungare la sospensione dell’incredulità oltre la sua conclusione. Come se quel lungo viaggio alla scoperta dei Pirenei, l’avessimo compiuto anche noi lettori accanto a Joanne ed Émile e ci ritrovassimo lì, incerti sulla soglia dell’ultima pagina, per un ultimo, commovente, saluto.

Informazioni sul libro

Titolo: Tutto il blu del cielo
Autore: Mèlissa Da Costa
Editore: Rizzoli
Pagine: 624

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Immagine di Maria Karysheva

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Tag: , Last modified: 21 Gennaio 2024