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6 modelli di famiglia da scoprire per le tue storie

Immagine di Giuseppe Milo

Tutte le famiglie felici sono simili tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo.

Diceva bene Tolstoj nell’incipit che ha sbancato alla lotteria degli incipit letterari. Che tu abbia letto o meno Anna Karenina, è molto probabile che lo abbia sentito citare almeno una volta. È un bel incipit, niente da dire, eppure deve racchiudere una potenza incredibile se è stato in grado di superare la prova del tempo (lui e il romanzo). Se ancora oggi nel sentirlo o leggerlo ci ritroviamo ad assentire e non possiamo fare a meno di condividerne il messaggio, qualcosa di molto profondo si annida in quella frase di appena 16 parole.

Quanta psicologia individuale ruota intorno al concetto di “famiglia”? Tutti noi siamo stati influenzati dalla nostra storia familiare e celiamo dentro di noi cicatrici più o meno profonde, più o meno rimarginate. Non si tratta di aver avuto buoni o cattivi genitori, ma semplicemente di aver vissuto una storia fatta di persone e situazioni e di persone che si muovono all’interno di determinate situazioni.

Lo stesso accade ai personaggi delle nostre storie. Possiamo decidere di non condividere tutti i dettagli del loro passato e delle relazioni che lo hanno caratterizzato, possiamo volutamente lasciare le loro famiglie sullo sfondo, senza portarle mai in superficie in modo determinante per l’evolversi della trama, ma è indubbio che una famiglia (o la mancanza di una famiglia) ci sia stata e ciascun personaggio, nella sua psicologia, non potrà che farne i conti.

Immagine di mario..olmos

Ecco perché, quando ci è capitato tra le mani il libro di G. Nardone, E. Giannotti e R. Rocchi Modelli di famiglia, non abbiamo potuto evitare di coglierne l’interessante applicazione narrativa.

Quali sono i modelli di famiglia predominanti oggi? E come il modello della nostra ci influenza nelle scelte che compiamo ogni giorno? Succede a noi, succede ai nostri personaggi e i risvolti possono essere molteplici.

Ma bando alle ciance e veniamo subito alla parte interessante. Gli autori nel libro individuano 6 modelli che definiscono:

  • Modello iperprotettivo
  • Modello democratico-permissivo
  • Modello sacrificante
  • Modello intermittente
  • Modello delegante
  • Modello autoritario

Nel libro, i modelli familiari sono analizzati da un punto di vista psicologico con l’obiettivo di spiegare l’origine di alcune patologie e comportamenti devianti negli adolescenti, ma pur senza arrivare alle conseguenze più tragiche di certe dinamiche familiari, interessanti sono le caratteristiche specifiche che accompagnano ogni modello.

Eccone un breve riassunto.

Il modello iperprotettivo

Immagine di Kat Grigg

In questa famiglia si è in pochi: mamma, papà, i figli, alle volte i nonni o qualche parente. È una famiglia che potremmo definire piccola e chiusa in se stessa. L’imperativo categorico che guida i genitori in questa famiglia è PROTEGGERE.

Se questo modello potesse parlare direbbe:

Figlio mio, non ti preoccupare, ci sono io e ci penso io a tutto. Chiedi e ti sarà dato. In cambio non ti chiedo altro che di astenerti dal prendere decisioni tue, lascia fare a me, confidami tutto, permettimi di controllare ogni tua mossa. Chi meglio di me sa cosa è meglio per te?

I genitori che seguono questo modello vogliono che la vita dei loro figli sia il più facile possibile: senza pieghe, contrattempi, ostacoli e difficoltà. Sono interventisti nel senso che, se necessario, si sostituiscono ai figli e fanno le cose al posto loro.

Caratteristiche della madre: onnipresente, attiva su più fronti dall’educazione dei figli (è la classica donna con la sindrome della super mamma a tutti i costi) alla loro vita sociale. Sa tutto di loro (e in certi casi meglio di loro), ma “è così perché li ama” e vuole solo il meglio per i suoi gioielli (il meglio che, invariabilmente, finisce per decidere lei quale sia).

Caratteristiche del padre: può essere onnipresente come la madre o, al contrario, defilarsi e assumere il ruolo del personaggio secondario che nessuno ascolta, vede e prende in considerazione. Il classico personaggio in ombra facilmente bistrattato da quello dominante (in questo caso la moglie).

Le conseguenze nella psicologia dei figli: dipendenza, indecisione, insicurezza, arroganza, senso di colpa quando manifestano autonomia e giudizio critico.

Rischi nella loro crescita: il messaggio che trasmette questo tipo di famiglia agli adolescenti è che, da un lato non hanno bisogno di chiedere niente e otterranno tutto per il solo fatto di esistere (il che può ingenerare arroganza e aggressività quando le loro esigenze non vengono soddisfatte), dall’altro non sono abbastanza capaci per potersi occupare di loro stessi e dei loro bisogni (il che porta a una bassa autostima e all’insicurezza).
L’incapacità di assumersi la responsabilità delle proprie azioni, di affrontare le difficoltà quotidiane e, in definitiva, di crescere sono le principali conseguenze generate dal modello iperprotettivo nei figli.

Queste famiglie crescono individui nei quali i talenti e le capacità tendono ad atrofizzarsi perché non messi alla prova ed esercitati.
Incertezza, insicurezza, disistima. Questi giovani non credono nelle loro capacità e per questo riescono ad assumersi pochi rischi e ancora meno responsabilità.
Il seme della patologia può annidarsi nel troppo amore.
Si producono soggetti sempre meno responsabili e capaci di assumersi in prima persona il peso delle loro vite.
Se una madre si sostituisce al figlio e fa quello che dovrebbe fare lui gli impedisce di attivarsi, cercare e trovare in se stesso risorse utili a superare i suoi limiti, rendendolo sempre più dipendente e debole.

Modello democratico-permissivo

In questo modello mancano le gerarchie: mamma, papà, figlio, figlia (e chiunque altro faccia parte della famiglia) sono tutti uguali e con uguali diritti. Non ci sono imposizioni, ma si dialoga, ci si convince a vicenda della scelta migliore e si giunge a una decisione che metta d’accordo tutti. Ogni conflitto viene bandito e fine ultimo di queste famiglie è l’ARMONIA.

Il figlio può interpretare questa generale arrendevolezza nel prendere decisioni come debolezza e incapacità di farsi valere quando necessario.

Caratteristiche dei genitori: si tratta di genitori informati e presenti, sono liberali e comprensivi, si comportano più come amici dei loro figli che come figure autorevoli su cui i figli possono contare. Sono propensi a una divisione dei compiti familiari, ma se i figli disattendono ai loro non ci sono ripercussioni, se non blandi tentativi di trovare un accordo che, comunque, i figli continueranno a non rispettare perché sanno che possono farlo e lo faranno.

Le conseguenze nella psicologia dei figli: possono sviluppare una generale arrendevolezza ed evitare di manifestare il loro punto di vista quando si discosta da quello dei genitori per evitare il conflitto (perché gli è stato insegnato che il conflitto va evitato a ogni costo). In generale sentono che le regole possono essere modificate per cui se non le rispettano non succede niente di grave (non ci sono limiti in questo senso e non ci sono responsabilità).

Rischi nella loro crescita: non percependo i genitori come figure autorevoli, di riferimento, possono cercare altrove modelli forti, soprattutto nei momenti difficili dell’adolescenza. Anche in questo tipo di famiglia manca un’assunzione di responsabilità da parte dei figli e questo ne pregiudica la crescita e lo sviluppo emotivo. Sebbene a prima vista ogni componente della famiglia possa ritenersi soddisfatto delle relazioni che intercorrono, nei momenti di crisi emerge nei figli la rabbia e il rifiuto di una modalità comunicativa che non offre loro la possibilità di scontrarsi con i propri limiti e di superarli.

Modello sacrificante

Immagine di Alice Barigelli

Così come enuncia la denominazione del modello il suo punto nevralgico è il SACRIFICIO. I genitori che vi aderiscono interpretano la relazione con i figli come un fare tutto per loro e niente per loro stessi.

Caratteristiche dei genitori: spesso entrambi i genitori concordano nel porre la soddisfazione dei loro desideri in secondo piano rispetto a quella dei bisogni e desideri dei figli. La stabilità delle relazioni in famiglia si basa proprio sulla perpetuazione di questo schema legato al sacrificio di sé.

Le parole chiave in questa tipologia familiare sono DOVERE e SACRIFICIO. Segretamente, però, i genitori coltivano una loro particolare forma di gratificazione data da quella che per loro è l’aspirazione massima: il figlio riconoscente. Sono i tipici genitori che di fronte a una supposta ribellione da parte dei figli si mettono sulla difensiva e recitano la famosa frase “dopo tutto quello che IO ho fatto per TE”. Assumono quindi il ruolo di vittima-carnefice e, attraverso il sacrificio di sé, pretendono l’amore, il riconoscimento, la devozione del figlio.

Le relazioni sono spesso asimmetriche e chi si sacrifica, anche se apparentemente dimesso e sottomesso, è in una posizione di ferro, poiché mediante le sue rinunce ottiene una posizione di superiorità facendo sempre sentire gli altri o in debito o in colpa.

Il concetto di PIACERE viene negato e si trasmette ai figli l’idea che godere del lato piacevole della vita non porterà altro che guai se non vere e proprie disgrazie.

Le conseguenze nella psicologia dei figli e i rischi: sviluppano la convinzione che sia un loro preciso dovere dare soddisfazione ai genitori per cui mettono da parte loro stessi e si adeguano al ruolo assegnato loro. In alcuni casi il figlio interpreta il comportamento dei genitori come un obbligo da parte loro di mantenerlo a tempo indeterminato per cui egli tenderà a non diventare totalmente autonomo. Inoltre, incontrerà innumerevoli difficoltà nelle relazioni con gli altri e farà fatica a sentirsi adulto perché non è stato abituato ad affrontare difficoltà e frustrazioni.

Un atteggiamento familiare di questo tipo non solo può non favorire la realizzazione personale del figlio, ma anche inibirne completamente le capacità.

Modello intermittente

In queste famiglie regna sovrana l’AMBIVALENZA: i genitori possono essere ora severi ora comprensivi, passare da posizioni rigide a posizioni morbide, da atteggiamenti valorizzanti a messaggi ampiamente squalificanti. E i figli si comportano di conseguenza adottando ora il ruolo di figli modello obbedienti e collaborativi, ora quello di pecore nere ribelli e rifiutanti.

Sono famiglie in cui tutto è costantemente messo in dubbio e criticato e, in ultima istanza, si cerca di giungere a un compromesso.

Genitori e figli sviluppano la tendenza ad affrontare le situazioni problematiche applicando una strategia che non riescono però a mantenere nel tempo perché sono labili, non fermi nelle decisioni prese. Il risultato è un’azione spesso inefficace e incapace di risolvere il problema per il quale era stata intrapresa.

Modello delegante

Immagine di RebeccaVC1

Questo modello prende forma a partire da una coppia che non si vive in quanto autonoma, ma si inscrive all’interno di un sistema familiare già consolidato, spesso quello di origine di uno dei due coniugi.

In questi casi chi rimane accanto alla sua famiglia di origine tende a rimanere “figlio” accettando i benefici che ne derivano e scendendo spesso a compromessi per mantenerli. Anche il coniuge si adeguerà nel tentativo di mantenere l’equilibrio di coppia e il risultato sarà un ruolo sempre più preminente dei suoceri nelle loro vite che limiterà l’assunzione di responsabilità nella giovane coppia.

Rischi nella crescita dei figli: tendono a non riconoscere né nei nonni né nei genitori delle figure autorevoli di cui fidarsi e a cui fare riferimento: i nonni non possono esserlo perché appartengono a una generazione ormai passata, i genitori perché evidentemente subordinati nelle decisioni ai nonni.

I genitori sono percepiti più come amici e non sono un esempio di emancipazione in quanto sottomessi alle regole della famiglia di origine a cui hanno deciso di aderire.

Le novità difficilmente si fanno spazio all’interno di un sistema chiuso e rigido dove tutto è stato già stato deciso e a cui ci si deve sottomettere per mantenere armonia e pace. Di fronte a esperienze nuove e sconosciute (anche naturali come la crescita negli adolescenti) i figli possono quindi adottare un comportamento evitante volto a “salvaguardare” l’equilibrio pre-esistente.

Modello autoritario

Immagine di Prayag Tejwani

Infine, nelle famiglia di tipo di autoritario i genitori (o uno dei due) tentano di esercitare il loro POTERE sui figli.
L’adulto impone regole, disciplina e il proprio esempio che il figlio dovrebbe, secondo lui, imitare in quanto il migliore possibile.
I figli devono sottostare a quanto deciso dai genitori comportandosi in modo irreprensibile, privilegiando lo studio e il lavoro al divertimento (piacere che spesso viene loro precluso).

Caratteristiche dei genitori: di solito è il padre a comandare e la madre assume il ruolo di mediatrice quando vi sono posizioni contrastanti all’interno della famiglia. Di fronte a un figlio che si ribella il genitore dominante può anche diventare violento.

Le conseguenze nella psicologia dei figli e i rischi: si accumula e reprime molta rabbia, si vive costantemente in un clima di tensione e si sviluppa la paura di confidarsi ed esprimere la propria opinione. Ci si adegua a una decisione che non si condivide per paura delle rappresaglie con il rischio di impantanarsi in futuri rapporti che ripresentano la stessa dinamica dominante-dominato.

Cosa ne pensi? Hai trovato qualche spunto interessante? Naturalmente si tratta di una sintesi dei vari modelli, ma speriamo possa fornirti spunti utili per approfondire le dinamiche familiari all’interno delle tue storie. 🙂

Da sapere: Citazioni tratte dal libro Modelli di famiglia – Ed. TEA

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Tag: Last modified: 26 Settembre 2023