Scritto da Pensiero Distillato Mente Creativa

Sviluppo e felicità: il discorso del Presidente dell’Uruguay

Mamma: “Perché non butti quei vecchi jeans? Sono logori ormai!”
Io: “Sono bellissimi, rimangono con me.”
Mamma: “Sono terribili! Buttali per l’amor del cielo! Perché non lo fai?”
Io: “Non posso Mà. Quando li indosso sono felice.”

Neil deGrasse Tyson
Neil deGrasse Tyson

Questi sono tempi di crisi, così dicono. Crisi economica, finanziaria, personale e familiare. Dovunque si guardi la realtà è ridotta a un colabrodo. Tutto ci appare instabile e anche le vecchie certezze ci dicono addio agitando tristemente la mano.
Com’è potuto accadere? Si parla da anni di “crisi” e oggi persino l’aria che respiriamo sembra portarne l’odore.

Immagine: Jack Lyons
Immagine di Jack Lyons

Dicono che non c’è lavoro, che non ci sono soldi, che alcuni mangiano troppo e così altri muoiono di fame. Dicono che la natura si sta ribellando, dicono che bisogna cambiare mentalità, dicono che basta qualche sacrificio e torneremo a cavalcare le onde dello sviluppo.

Ok, fermiamoci. Troppi “dicono” e mi gira la testa. Perché allora continuare a parlarne aggiungendo ulteriore rumore al frastuono che già ci assorda? Per 3 motivi che ora vi spiego.

Il primo: perché la parola “crisi” mi piace. Etimolgicamente parlando, ma non solo.

Il secondo: perché oggi mi hanno segnalato un video che gira da qualche tempo in rete.

Il terzo: perché emergono nuovi punti di vista che chiedono voce e spazio.

In primis ci fu la “crisi”, parola che deriva dal greco [krisis] e significa “scelta, decisione, fase decisiva di una malattia”[1. Definizione di “crisi” – Treccani].

Poi, arrivò il video dell’intervento del Presidente dell’Uruguay, Josè Pepe Mujica, al G20 in Brasile (giugno 2012):

Infine, ecco il punto di vista espresso da una mia cara amica:

Stiamo fallendo in generale, su moltissimi fronti, ed è sempre più comodo dare la colpa ad altri che guardare dentro di sé.

Avete visto il video? Se la risposta è no prendetevi 10 minuti e guardatelo (oppure leggete la trascrizione in italiano o in spagnolo). È importante averlo visto altrimenti non si comprende il perché abbia suscitato reazioni opposte. Ad esempio, ho letto un’interessante discussione in merito (post e commenti al post).

Il discorso di Josè Pepe Mujica ad alcuni potrebbe apparire semplicistico, utopico, irrealizzabile, ma io vedo quell’uomo parlare davanti ai potenti della Terra, ne ascolto le parole e provo commozione. Cosa significa? Che tutti quelli come me che si sono sentiti “rappresentati” da quel discorso sono degli inguaribili emotivi? Bè, forse sì ;), ma il punto è un altro: qualcosa dentro di me ha risposto a quelle parole. Così come è capitato a chi mi ha consigliato di vederlo e a molti altri che hanno apprezzato o commentato l’intervento.

Immagine: Helga Weber
Immagine di Helga Weber

Josè Pepe Mujica dà voce a un sentimento (speranza, aspirazione?) comune che non si scontra con la realtà dei fatti perché irrealizzabile, quanto perché per realizzarlo è prima di tutto richiesto un cambio di mentalità, di prospettiva.

Quello che definiamo oggi “sviluppo” è un tipo di crescita che affonda le radici nella competitività e nella concorrenza. Di per loro competitività e concorrenza non sarebbero negative, ma purtroppo vengono usate a scapito di qualunque altro approccio, in particolare di quello collaborativo.

Siamo indotti a credere che la felicità sia qualcosa che possiamo arraffare solo là fuori se siamo abbastanza furbi, fortunati, ricchi, in gamba. E se non lo siamo… pazienza, poveri noi.
Se così fosse aveva davvero ragione Hobbes quando affermava Homo homini lupus (l’uomo è un lupo per l’uomo) e in questo caso… si salvi chi può! Ma se non fosse così? Se al contrario avessero ragione Seneca e Gandhi?

Povero non è chi possiede poco, veramente povero è chi necessita di infinitamente tanto.

Seneca

Ce n’è per tutti, ma non per l’avidità di alcuni.

Gandhi
Immagine di linh.ngan

Non si tratta di emettere giudizi morali su cosa sia giusto e cosa sbagliato, ma di provare a guardarci veramente, onestamente dentro senza la paura di scorgerci lo stesso vuoto che percepiamo all’esterno, subito dopo che l’ennesimo acquisto si è ricoperto di polvere.

Siamo vuoti quando ci definiamo attraverso ruoli.
Siamo vuoti quando reagiamo agli altri e alla vita.
Siamo vuoti quando il silenzio e la solitudine ci fanno paura.

Vuoti di accettazione, amore e consapevolezza. Abbiamo paura di non essere “qualcuno” perché non ci permettiamo di essere noi stessi.

Anche queste sono “belle parole”, lo so, ma se queste parole, quelle del Presidente Mujica o quelle di Seneca e Gandhi muovono qualcosa dentro di voi (che sia tristezza, rabbia, amarezza, speranza o commozione) allora significa che sono vive e se sono vive allora sono potenti (ovvero “possono”, sono in grado di realizzare qualcosa).

Il Presidente Mujica nel suo discorso ha detto:

Perché non veniamo sul pianeta per svilupparci in termini generali, veniamo alla vita cercando di essere felici.
Perché la vita è breve e se ne va. E nessun bene vale quanto la vita, questo è elementare.

[…]

Lo sviluppo non può essere contro la felicità, deve essere a favore della felicità umana, dell’amore, della Terra, delle relazioni umane, del prendersi cura dei figli, dell’avere amici, dell’avere ciò che è fondamentale.
Perché è questo il tesoro più importante che abbiamo. Quando lottiamo per l’ambiente, il primo elemento dell’ambiente si chiama: la felicità umana.

Forse siamo troppo abituati alla realtà quotidiana, ai fallimenti delle varie correnti di pensiero per farci ancora delle illusioni. Io stessa guardando il video mi sono chiesta: “Senza mettere in dubbio l’onestà di quest’uomo, guardiamo in faccia la realtà: quanti ce ne sono come lui? Il prossimo presidente dell’Uruguay la penserà e si comporterà allo stesso modo?”

Immagine: Vinoth Chandar
Immagine di Vinoth Chandar

È un inganno, un inganno della mente che si basa sulla solita vecchia credenza del “tanto niente cambia”. In realtà cambia tutto, anche noi in ogni istante. E ogni cambiamento esterno parte sempre da uno interno. Dipende tutto da chi decidiamo di essere o meglio da chi ci permettiamo di essere.

Dipende dai pensieri e dalle emozioni che coltiviamo. Dipende dalle nostre abitudini e dal tipo di relazioni che instauriamo con noi stessi e con gli altri. Dipende da come ci alziamo la mattina e ci corichiamo la sera.

Diamo per scontato che il mondo è sempre andato avanti così e sempre lo farà. Ma il mondo non è d’accordo con noi e ogni tanto ci dà una scrollata: butta giù case, allaga città, porta via auto, alberi, persone… e infine, quando si placa, nel silenzio ci chiede: “Bene, ora sai dirmi cosa è davvero importante per te?”

È doloroso tornare al centro di noi stessi, ma è l’unico posto a cui la sofferenza ci riporta sempre.

Immagine: Susanne Nilsson
Immagine di Susanne Nilsson
Condividi l’articolo se ti è piaciuto
Tag: Last modified: 1 Ottobre 2023